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venerdì, 19 Aprile, 2024

Lungo la via Emilia, fu fonadata nel 187 a.C. la città romana di Mutina, oggi Modena

Capitale dell’arte romanica Modena, è stata inserita tra il patrimonio UNESCO per l’insieme monumentale della Piazza Grande, della Torre ghirlandina e della cattedrale, capolavori della cristianità medioevale.

Primati architettonici tutti modenesi

Diceva Antonin Sertillanges a proposito dei luoghi di culto: “La Chiesa è l’eternità nel tempo”. Nel caso della Wilton Paris Church di Wilton, nel Regno Unito, queste parole sembrano più calzanti che mai. In questo spazio che odora di incenso e candele estinte dalla preghiera, il tempo sembra essersi fermato al medioevo.

Si tratta, non a caso, di esempio di architettura romanica molto ben conservato. Ma per quanto suggestivo questo edificio inglese possa essere, è difficile immaginare che il suo patrimonio architettonico superi quello del nostro amato Duomo di Modena.

E’ noto, infatti, che la chiesa modenese è tra i maggiori monumenti della cultura romanica in Europa.

Non a caso, venne riconosciuta nel 1997 dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità, assieme alla sua torre Ghirlandina e all’adiacente Piazza Grande. Molte volte cerchiamo atmosfere lontane quando la risposta a questi bisogni esplorativi è proprio all’interno dei confini del noto e del familiare.

La cattedrale di Modena

Splendido esempio di architettura romana, il Duomo di Modena stupì i contemporanei dell’epoca e continua a sorprendere tutt’ora per la sua originalità  che la avvicinano all’architettura romanica europea più pura e tipica.

Si presenta infatti, una costruzione massiccia, con  robusti pilastri, capaci di articolare lo spazio e spezzare l’unità volumetrica.
La chiesa sorge sopra il sepolcro di San Geminiano, il patrono della città, e secondo le documentazioni, storiche sarebbe stata fortemente voluta dai modenesi.

Il progetto venne affidato all’architetto lombardoLanfranco, uno dei pochissimi artisti di epoca medievale di cui ci è giunto il nome.
In soli sette anni riuscì a portare a termine questa grande impresa che gli riconobbe gli attributi di mirabile artifex, mirificus aedificator e, in una lapide murata all’esterno dell’abside maggiore, di maestro ingenio clarurirus […] domactus et actaptus […] operis princeps huius rectorque magister (“famoso per ingegno, sapiente e esperto, direttore e maestro di questa costruzione”).

Insieme a Lanfranco lavorò lo scultore Wiligelmo, ricordato da un’altra lapide, che si trova sulla facciata della chiesa. Questo secondo artista si occupò sicuramente della decorazione scultorea.

La maggior parte delle sculture collocate sulla facciata, raffigurazioni sacre e profane, celestiali e mostruose, riassumono l’intero mondo spirituale dell’uomo medievale e i suoi misteri, la fede, le speranze, i timori, le certezze e i dubbi.

La facciata del duomo

La facciata è monumentale. I muri esterni sono impreziositi da arcatelle pensili che circondano tutto l’esterno della chiesa, dalla facciata all’abside, senza interruzione, e rompono con il loro disegno la monotona uniformità delle superfici. Ogni lato esterno con i suoi portali racconta una storia: ognuno spicca per la particolare architettura delle entrate e per le decorazioni poste in esse.


Ma la grande arte di Wiligelmo si esplicitò nella decorazione del Portale Maggiore, dove, con timida ma potente espressività, egli sintetizzò la visione del mondo dell’uomo del suo tempo.

La lotta che oppone il credente a una folla selvaggia di leoni, draghi, centauri, mostri dei repertori dell’antichità e dai bestiari medievali, non è altro che la metafora medievale della vita. L’esistenza è un difficile percorso, la meta è la Salvezza.

All’interno degli stipiti vi sono figure di Patriarchi e Profeti, che annunciano la venuta di Cristo, sottolineando il significato simbolico della Porta della Chiesa, la quale è simbolo di cesura tra due condizioni: quella dei fedeli radunati all’interno, salvi, e quella di chi è fuori, possibile preda del demonio.


Il rosone centrale, inoltre, le dona veramente maggiore grandezza, oltre che far penetrare deboli raggi di sole all’interno della chiesa che a fatica riescono a illuminarla tutta.

Infatti una volta entrati rimarrete sicuramente stupiti dalla luminosità che la chiesta all’esterno sprigiona, dal bianco del marmo della facciata in pieno contrasto con il buio all’interno.


L’atmosfera è solenne, l’architettura imponente, la sensazione è che ogni cosa converga con il crocifisso posto al centro dell’altare, che appare sopraelevato per la presenza della cripta nei sotterranei.

È possibile notare il pontile sopra l’altare, con il pulpito posto accanto decorato con bassorilievi dei simboli dei quattro evangelisti:  il bue di S.Luca, il leone di S.Marco, l’aquila di S. Giovanni e l’angelo di S. Matteo.

Porta Pescheria

Sul lato settentrionale, nei pressi della torre Ghirlandina, si apre la Porta della Pescheria, originale per la concreta umanità dei due telamoni che dialogano con chi varca la soglia, chiedendo aiuto per sostenere l’enorme peso che li opprime.

All’uomo e al suo lavoro sono dedicate le sculture degli stipiti interni di questa porta, su cui sono effigiati, sotto spoglie umane, i dodici Mesi intenti ai lavori della campagna.


Alla sfera del fantastico e del racconto fanno piuttosto riferimento sia l’insolito archivolto, in cui è scolpita la vicenda di Re Artù di Bretagna, sia gli stipiti e l’architrave, dove animali protagonisti delle antiche fiabe di Fedro e al Roman de Rénard emergono tra intricati grovigli vegetali.

Un’attenzione particolare va infine dedicato alle Metope, rilievi posti sui salienti del tetto, che mostrano un vivace repertorio di esseri fantastici e mostruosi. In realtà oggi troviamo sul Duomo delle copie, poiché gli originali sono stati trasferiti nel al Museo Lapidario del Duomo, per problemi di conservazione.

A cura di Greta Monterosso

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